Progetta un sito come questo con WordPress.com
Crea il tuo sito

COVID: l’inquinamento scende del 50%

Le misure messe in atto per fronteggiare l’emergenza COVID-19 hanno prodotto, già a partire dalla fine di febbraio 2020, una evidente riduzione delle concentrazioni degli inquinanti legati direttamente al traffico, ovvero ossidi di azoto (NOx) e benzene, soprattutto negli agglomerati urbani. Una valutazione più completa potrà essere condotta alla fine di questo periodo di emergenza sanitaria su tutti gli inquinanti rilevati dalla rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria, in relazione anche alle specifiche condizioni meteorologiche del periodo e tenendo conto di un arco temporale più esteso.

Recenti analisi dell’Esa, Ente Spaziale Europeo, stanno dimostrando bassi livelli di concentrazioni di biossido di azoto nei cieli europei  – in coincidenza con le misure di blocco implementate per fermare la diffusione del coronavirus. Nuovi dati dal satellite Copernicus Sentinel-5P, dal programma Copernicus dell’Unione Europea, mostrano infatti alcune città, come che vedono scendere i livelli del 45-50% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Gli scienziati del Royal Netherlands Meteorological Institute (KNMI) hanno monitorato l’inquinamento atmosferico in Europa negli ultimi mesi usando i dati dello strumento Tropomi del satellite Copernicus Sentinel-5P. Le nuove immagini mostrano le concentrazioni di biossido di azoto dal 13 marzo al 13 aprile 2020, rispetto alle concentrazioni medie di marzo-aprile del 2019. Madrid, Milano e Roma hanno visto una riduzione di circa il 45%, mentre Parigi ha visto un calo del 54% – coincidente con le severe misure di quarantena implementate in tutta Europa.

Tuttavia, provare ad interpretare le evidenze non è semplice. L’inquinamento atmosferico è un fenomeno complesso per diversi fattori e provare a definire LA causa o LA soluzione è un esercizio che spesso porta a fare dei ragionamenti assolutistici che però non rispondono all’esigenza di dover intervenire in maniera rapida ed efficace.
Quando si parla di inquinamento atmosferico infatti non si parla di una sola sostanza ma di una serie (molto lunga) di sostanze che vengono emesse in atmosfera da molteplici settori (su tutti quello dei trasporti, industria, riscaldamenti domestici e agricoltura).
Per di più se queste sostanze interagiscono tra loro il grado di complessità aumenta ulteriormente. Senza tralasciare di quanto la variante metereologica sia ancora la causa predominante all’accumulo o alla dispersione degli inquinanti. Andare ad individuare la causa per porre in atto la miglior soluzione è un percorso che può quindi non portare lontano.

Un’altra considerazione interessante è legata al lasso di tempo intercorso tra le misure più restrittive (circa il 20 febbraio) e la diminuzione delle concentrazioni (avvenute verso la fine del mese). Ci sono voluti infatti circa una decina di giorni per vedere gli effetti apportati dalla diminuzione delle emissioni veicolari da “traffico”. Questo ci indica abbastanza chiaramente di quanto poco efficaci siano le misure dei blocchi emergenziali messi in campo ogni anno quando gli sforamenti continui impongono alle amministrazioni l’adozione di interventi drastici, e di come invece sarebbero necessarie misure più continuative e strutturali. Lo stesso strumento (la limitazione al traffico) ha effetti sicuramente benefici se esteso a periodi lunghi mentre risulta poco efficace sul brevissimo periodo.

Relativamente al legame tra inquinamento e diffusione dei virus nella popolazione, poi, la SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale in un suo documento di posizione, condiviso con strutture dell’Università di Bologna e dell’Università di Bari, indica delle pubblicazioni scientifiche che correlano l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico.

Il particolato atmosferico, secondo le considerazioni contenute nel documento, può fungere da vettore di trasporto per i virus. Partendo da queste considerazioni, la SIMA evidenzia una simmetria tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10, nelle aree interessate, e il numero di casi infetti da COVID-19. Tale analisi sembra quindi indicare una relazione diretta tra il numero di casi di COVID-19 e lo stato di inquinamento da polveri sottili dei territori, coerentemente con quanto riportato per altre infezioni virali.

Le ipotesi avanzate dal gruppo di esperti che ha redatto il documento della SIMA rappresentano un punto di partenza, suggestivo e apparentemente plausibile, per condurre delle analisi specifiche in merito. 

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: